Quali sono i pericoli della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica

Nelle economie avanzate, la globalizzazione ha innescato un processo di delocalizzazione della produzione che non aveva mai conosciuto dimensioni così rilevanti in passato. Una delle sfide più importanti da cogliere in questi contesti è rappresentata dalla sempre più considerevole automazione del comparto manifatturiero. La crisi economica degli anni più recenti non ha fatto altro che imprimere una forte accelerazione alla delocalizzazione, con effetti negativi facili da immaginare nei confronti dell’occupazione, mentre si avvicina a grandi passi la rivoluzione tecnologica. Tale cambiamento può fare la differenza tra la capacità di sopravvivere o meno nelle economie emergenti, che in molti casi sono legate a produzioni caratterizzate da manodopera ad alta intensità.

Gli effetti della robotizzazione

In pratica, se prima per risparmiare sul costo del lavoro si delocalizzava, oggi e sempre di più in futuro si digitalizzerà, con l’obiettivo di robotizzare le produzioni. Questo vuol dire che la disponibilità di manodopera – a prescindere dal fatto che sia ad alto o a basso costo – non avrà più un ruolo importante, il che potrebbe portare diverse produzioni a ritornare nei Paesi dei mercati di sbocco conclusivo. Così, il modello di crescita in atto in diverse economie emergenti rischia di esplodere, anche perché fondato soprattutto sulle esportazioni. Ma se il contesto economico è globalizzato, è evidente che le conseguenze non sarebbero limitate solo a quelle economie, ma avrebbero ripercussioni su scala mondiale.

La sfida della digitalizzazione

Chiariamo, prima di tutto, che quando si parla di economie avanzate si fa riferimento a quella del Giappone, a quella degli Stati Uniti e a quelle dei Paesi europei. In questi contesti si discute in misura considerevole sia di industria 4.0 che di digitalizzazione. Sono importanti le opportunità offerte dal cambiamento tecnologico e dall’impatto che esso ha sull’economia, soprattutto per ciò che concerne la crescita di produttività. Non possono essere dimenticati, d’altro canto, i rischi, che sono correlati in modo particolare all’occupazione. La globalizzazione e la conseguente delocalizzazione per lungo tempo hanno messo a repentaglio i posti di lavoro, mentre oggi la minaccia che suscita più timori è quella dei robot, che introdotti in misura sempre più consistente sono fondamentali per il comparto manifatturiero e la sua progressiva automazione.

Le economie emergenti

Ecco, quindi, che le economie emergenti devono impegnarsi con tutte le proprie forze per evitare che il cambiamento tecnologico le porti verso il baratro. Anzi, esse devono imparare a cavalcare tale cambiamento, un’occasione che può essere colta solo con adeguati investimenti in capitale umano e in tecnologia. Non si deve puntare sulla crescita della capacità produttiva ma su quella della produttività. Nel caso in cui le economie emergenti non si dimostrino in grado di conservare i tassi di crescita che le hanno caratterizzate fino ad oggi, vivranno una condizione di forte pressione che avrà conseguenze sia dal punto di vista politico che sul piano sociale.

Quali Paesi potranno salvarsi

Le Filippine e l’India sono due esempi di Paesi meno in pericolo, in quanto sono meno esposti al settore manifatturiero essendosi dedicati da tempo ai servizi. In particolare, l’India può contare su un altro aspetto fondamentale, che è quello di un sistema educativo di qualità che garantisce la formazione di un capitale umano di alto livello. Si è verificato che il cambiamento tecnologico viene metabolizzato con meno difficoltà in quei Paesi che possono vantare un alto livello di istruzione. Ancora, l’India è un Paese con un ampio mercato interno in ascesa, più o meno come la Cina: quindi se è vero che dal punto di vista delle esportazioni i numeri saranno negativi, è altrettanto vero che gli investimenti nel settore produttivo saranno ripagati sul mercato interno.

I rischi della globalizzazione

Eppure lo scenario a cui ci approcciamo rischia di generare delle distorsioni molto rischiose, anche perché non è detto che tutti i Paesi abbiano gli strumenti necessari per far fronte ai mutamenti in corso. La scarsa liquidità che caratterizza i mercati finanziari delle economie emergenti, per esempio, potrebbe innescare la tentazione di puntare su capitali esteri per supportare la domanda interna invece che ricorrere al risparmio domestico. Ai capitali di rischio verrebbe preferito l’indebitamento, ma in una situazione del genere la valuta locale verrebbe rafforzata dal flusso di capitali dai Paesi stranieri; così le esportazioni andrebbero ancora più giù e i capitali potrebbero essere messi in fuga.

I tassi di interesse bassi

C’è un altro fattore che deve essere preso in considerazione, ed è quello dei tassi di interesse piuttosto bassi che contraddistinguono lo scenario macroeconomico di oggi, per effetto dei quali ci si può indebitare a basso costo. Tale situazione non stimola di certo a dare vita alle riforme che sarebbero necessarie per cominciare a crescere. il problema è che gli squilibri che colpiscono le economie emergenti, in un contesto economico globale, possono essere fonte di problemi per tutti.