Essere genitori è un mestiere difficile. Sono tante le preoccupazioni e le incertezze su come sarà il percorso di crescita e il futuro del nostro bambino, dall’educazione a una buona e sana alimentazione al suo equilibrio psico-fisico, passando per la sua capacità di socializzazione quando arriverà il momento di interagire con il mondo esterno.
Come si può capire se nostro figlio o nostra figlia sarà una persona socievole, capace di coinvolgere e farsi coinvolgere dagli altri, di svere una vita sociale appagante? Oppure se avrà un carattere introverso, chiuso, timido? Naturalmente, molti genitori cominciano a porsi queste domande troppo presto. Cercare di comprendere il profilo caratteriale del proprio bambino è una pratica spesso prematura e va considerato, innanzitutto, che lo sviluppo emotivo e empatico di una persona dipende da diversi fattori, come l’ambiente familiare in cui si cresce, l’indole caratteriale con cui si nasce, gli stimoli ad interagire con il nuovo e lo sconosciuto che si ricevono. E, non ultimo, è necessario comprendere che questo processo di crescita è progressivo, ogni fascia di età ha le sue prerogative e quindi non è possibile capire da subito se il bambino avrà o meno problemi di socializzazione.
L’osservazione del gioco a seconda dell’età del bambino
Un ottimo mezzo per cominciare a capire quanto nostro figlio sarà più o meno un tipo socievole è osservarlo nel gioco, l’attività principale del bambino nel corso della giornata. Per lui, o lei, giocare significa prendere “le misure” del mondo che lo circonda, prendere confidenza con se stesso. Anche in questo caso e soprattutto in questo caso, le fasce di età fanno la differenza. È ovvio che un bimbo in età fra 3 e 5 anni gioca e socializza in modo completamente differente da bimbi ancora più piccoli o da quelli che hanno fra i 6 e gli 8 anni.
Sotto i tre anni, i bambini hanno poca possibilità di socializzare con gli altri e, a dirla tutta, non sono nemmeno interessati a farlo, presi come sono a scoprire se stessi e tutto ciò che sta intorno a lui. Il gioco sarà quasi esclusivamente in solitaria, anche se frequenta il nido ed è circondando da altri bambini.
La cosa si fa differente quando i bambini cominciano a frequentare la scuola d’infanzia, in fascia di età fra i 3 e i 5 anni. Ha inizio la scoperta e lo studio dei coetanei, la curiosità verso gli altri e il cosiddetto “gioco parallelo”, ossia stare uno vicino all’altro, fare lo stesso gioco, ma non insieme. Il fatto che in sostanza giochino ancora da soli non è sintomo di asocialità ma siamo ancora nella fase del confronto, dell’osservazione reciproca delle attività ludiche e dei comportamenti.
A partire dai 6 anni le attività di gioco e il modo di interagire con gli altri, coetanei o meno, cambia radicalmente. L’inizio della scuola dell’obbligo rappresenta un vero e proprio giro di boa nella vita di una persona, mettendo in campo numerosi aspetti della personalità, come la capacità di affrontare i cambiamenti, la nuova quotidianità, i primi doveri e le prime responsabilità come scolari. Il modo come il ragazzo affronterà tutto è già significativo delle sue attitudini alla socializzazione, ma non dobbiamo farci ingannare, perché siamo ancora in una fase transitoria, di sperimentazione e osservazione delle novità e della nuova realtà che lo circonda.
Rispettare il carattere e i tempi del bambino
Comprendere quindi le attitudini alla socializzazione di un figlio non è cosa facile e si può dire che è del tutto prematuro farlo prima dei 7 o 8 anni, vale a dire quando il bambino è già inserito, presumibilmente, in un determinato contesto sociale. Ma anche arrivati a questo punto, è necessario sempre tenere conto di alcune variabili. Se nonostante il buon inserimento in un gruppo scolastico o extra scolastico, come una squadra sportiva ad esempio, nostro figlio continuerà a prediligere il gioco in solitaria non significa necessariamente che sia un tipo asociale. Tenere conto intanto del carattere: non tutti si nasce estroversi, spiritosi, sicuri, spavaldi. Ogni individuo, specificamente i fase di crescita, ha i suoi tempi e il suo carattere ed è fondamentale rispettarli. È di importanza vitale evitare di forzare il piccolo a socializzare per forza con i coetanei o, peggio ancora, di colpevolizzarlo se non ci riesce. Bisogna assolutamente lasciarlo libero di capire da solo quanto e quando frequentare gli altri e aiutarlo ad accrescere la propria autostima, perché possa affrontare il mondo che lo circonda in piena serenità.